2013: i libri che ho letto



1 - Rosemary's Baby, di Ira Levin (recensione)
2 - Lo Zen e l'Arte della Scrittura, di Ray Bradbury (recensione)
3 - Non Buttiamoci Giù, di Nick Hornby (recensione)
4 - Wellness Coaching. Come aiutare se stessi e gli altri a vivere meglio, di Leonardo Di Paola
5 - Decidi! Impara a prendere le decisioni migliori per il tuo futuro, di Karen Okulicz (recensione)
6 - Revolutionary Road, di Richard Yates (recensione)
7 - Fai uscire la Stronza che è in te, di Elisabeth Hilts
8 - Addio all'Estate, di Ray Bradbury (recensione)
9 - Il Grande Gatsby, di Francis Scott Fitzgerald (recensione)
10 - L'Ereditiera, di Henry James (recensione)
11 - La Dieta Macrobiotica o l'Arte del Ringiovanimento e della Longevità, di Georges Ohsawa (recensione)
12 - Fiesta, di Ernest Hemingway (recensione)
13 - Uomini e Topi, di John Steinbeck (recensione)
14 - Sono Infelice e Mangio! Stop al Cibo come Compensazione Affettiva, di Luise Vincent (recensione nel mio scaffale aNoobi)
15 - La Campana di Vetro, di Sylvia Plath (recensione)
16 - Il Buio Oltre la Siepe, di Harper Lee
17 - Ce l'hai il paracadute? Guida pratica per chi cerca o vuole cambiare lavoro, di Richard Nelson Bolles (recensione)
18 - David Copperfield, di Charles Dickens (recensione)
19 - Ragazzo da Parete, di Stephen Chbosky (recensione)
20 - La Psicosomatica. Il Significato e il Senso della Malattia, di Cavallari, Ottolenghi, Frigoli
21 - La Fonte Meravigliosa, di Ayn Rand (recensione)
22 - I Peccati di Peyton Place, di Grace Metalious (recensione)
23 - Ritorno a Peyton Place, di Grace Metalious (recensione)
24 - 31 Canzoni, di Nick Hornby (recensione)
25 - I Sublimi Segreti delle Ya-Ya Sisters, di Rebecca Wells (recensione)
26 - La Valle delle Bambole, di Jaqueline Susann (recensione)
27 - Urlo & Kaddish, di Allen Ginsberg
28 - Chi ha Paura di Virginia Woolf?, di Edward Albee
29 - Morte di un Commesso Viaggiatore, di Arthur Miller
30 - I Miei Martedì Col Professore, di Mitch Albom
31 - Funziona! Il Famoso Piccolo Libro Rosso che fa Avverare i tuoi Sogni, di R.H. Jarrett (breve recensione nel mio scaffale aNoobi)
32 - È Facile Smettere di Preoccuparsi se sai Come Farlo, di Allen Carr (recensione)
33 - Joyland, di Stephen King (recensione)
34 - Gioco Crudele, di John Saul (recensione)
35 - I Figli della Palude, di John Saul
36 - Paura e Disgusto a Las Vegas, di Hunter S. Thompson (recensione)
37 - Il Mio Mondo è Qui, di Dorothy Parker (recensione)
38 - Me Parlare Bello un Giorno, di David Sedaris (recensione)
39 - Fiori per Algernon, di Daniel Keyes (recensione)
40 - Stà Zitto, Smettila di Lamentarti e Datti una Mossa, di Larry Winget
41 - Amore fra i Polli, di Pelham G. Wodehouse
42 - Il Laureato, di Charles Webb (recensione)
43 - Posso Farti Dimagrire, di Paul McKenna
44 - A Meno Che, di Carol Shields (recensione)
45 - I Segreti dell'Autostima, di Barbara Dobbs e Rosette Poletti
46 - Una Banda di Idioti, di John Kennedy Toole (recensione)
47 - Una Cosa Divertente che Non Farò Mai Più, di David Foster Wallace (recensione)
48 - Scarpe Slacciate e Altre Strane Malattie (breve recensione nel mio scaffale aNoobi)
49 - Shakespeare Scriveva per Soldi, di Nick Hornby (recensione)
50 - Colazione da Tiffany, di Truman Capote (recensione)
51 - Tutti Mi Danno Del Bastardo, di Nick Hornby (recensione)
52 - Un Italiano in America, di Beppe Severgnini (recensione)
53 - Giro di Vite, di Henry James
54 - La Casa dei Fantasmi, di Charles Dickens
55 - Mirtilli a Colazione, di Meg Mitchell Moore (recensione)
56 - Bridget Jones. Un Amore di Ragazzo, di Helen Fielding (recensione)
57 - Canto di Natale, di Charles Dickens





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Bridget Jones. Un Amore di Ragazzo, di Helen Fielding




Ore 5. Non avrei mai dovuto ributtarmi nella mischia. Mai e poi mai. Mi ero completamente dimenticata di quanto fosse angosciante la domanda: "Perché non chiama?".



Per me la vera Bridget, quella che uso come antidepressivo quando la bilancia mi è nemica per troppo tempo o mi sento più goffa di tutte le mie amiche messe insieme, è sempre e solo quella del primo libro, vera, originale e unica. Già il secondo libro non mi aveva preso bene quanto il primo, perché secondo me la storia poteva benissimo essere autoconclusiva, non c'era davvero bisogno di scoprire cosa fosse capitato ai vari personaggi in seguito. E ancora meno sentivo questo bisogno adesso, dopo tutti questi anni: nella mia mente Bridget era felicemente sistemata con il suo Mark Darcy, un perfetto lieto fine per un'eroina tutt'altro che perfetta, e per questo molto amata. Ritrovare una Bridget

Mirtilli a Colazione, di Meg Mitchell Moore





Si dice che una madre non perda mai davvero i propri figli. Perde le figlie, perché si lasciano assorbire dalla casa di un altro uomo, dalla nuova famiglia, ma i figli restano sempre fedeli alla madre. Si dice che ogni donna dovrebbe avere almeno un figlio maschio proprio per questo motivo.


Alla fine del libro sono andata a cercarmi il titolo originale, perché davvero Mirtilli a colazione (titolo molto da romanzo rosa, evidentemente si puntava a quel genere di pubblico) non ci azzecca minimamente, come spesso accade con gli adattamenti italioti, e infatti il titolo in inglese The Arrivals è molto più significativo e appropriato.
Avevo adocchiato questo romanzo durante uno dei miei tour fotografici in libreria (ossia quando non ho soldi da spendere, ma voglio andare in libreria lo stesso, e non potendo comprare i libri che mi attirano mi limito a fotografare con il cellulare le copertine e a salvarmi poi le foto tipo appunto mentale in una cartella apposita, che vado poi a spulciare nel momento in cui posso finalmente spendere di nuovo).
Mi aveva attirato la copertina, ma soprattutto era stata la trama ad incuriosirmi. Sembrava un romanzo brioso, vivace, che alternava momenti divertenti ad altri di riflessione. Invece no. Non dico che sia brutto, è che è un po' noioso. L'aspetto interessante è questa Parenthood (la serie tv)

Un Italiano in America, di Beppe Severgnini




 Questo libro è il frutto di una lunga inesperienza. È il racconto di un anno trascorso negli Stati Uniti, un paese nel quale, mi sono reso conto, si arriva assolutamente impreparati. Quello che avevo imparato in molti viaggi precedenti non è servito a niente, e il bombardamento di «notizie americane» sull'Europa funziona come un riflettore puntato negli occhi: la luce è molta, ma si vede poco. L'America normale — quella che s'incontra uscendo dagli aeroporti, a meno d'essere particolarmente sfortunati — è uno dei segreti meglio custoditi del mondo.



Leggere Severgini è sempre piacevole, in questo periodo poi ho molta voglia di USA (mentre scrivo sto mangiando pancakes con sciroppo d'acero e bevendo caffè americano - quello vero, fatto nel broccone - in un simil-diner italiano, tanto per dire), per cui leggere questo libro mi ha da una parte divertita, dall'altra mi ha messo addosso una voglia ancora più grande di partire ed esplorare quel mondo americano, così famigliare ma al tempo stesso così lontano (ho fatto anche la rima).

In realtà, il libro di Severgnini mi ha fatta più che altro sorridere in senso affettuoso, perché è stato scritto e vissuto 20 anni fa, e il mondo (e anche l'Italia) è cambiato molto da allora, soprattutto grazie a quel world wide web che lui guarda un po' con timore reverenziale (uno dei passi più belli è quando dice

Tutti Mi Danno Del Bastardo, di Nick Hornby





Il motivo per cui Charlie non si sentiva offeso come avrebbe potuto era che non aveva la coscienza pulita, non del tutto: c'erano l'infedeltà, l'alcol e la colpevole estraneità alla vita famigliare. Farsi insultare su una testata nazionale senza cercare di controbattere era di fatto un ottimo modo per ricominciare da zero. Sperava che, alla fine di quella storia, il suo scoperto spirituale sarebbe stato ripianato e lui avrebbe potuto tornare a usare il bancomat.


È un racconto intelligente, ben scritto, che contiene se non un monito, perlomeno una fondatissima preoccupazione sul ruolo che hanno i media e i social nella nostra vita, su quanto abbiamo imparato a farci liberamente i fatti degli altri e con che facilita esprimiamo giudizi pur non avendo tutte le informazioni che ci servirebbero per farlo. Il protagonista del racconto si separa dalla moglie, e questa ne approfitta per farsi assegnare una rubrica settimanale intitolata BASTARDO! in cui, letteralmente, sputtana

Colazione da Tiffany, di Truman Capote





Signorina Holiday Golightly, in transito.



Capita a volte di innamorarsi da un libro fin dalle prime righe. Può capitare perché il linguaggio ti rapisce, o perché un particolare ti colpisce al cuore, oppure una frase buttata lì ti fa scattare qualcosa nel cervello e nell'anima.
Era un po' che non mi accadeva, ma Colazione da Tiffany ce l'ha fatta, mi ha conquistata da subito, fin dalla prima pagina.
La prima cosa che mi ha colpita sono state le descrizioni, soprattutto quelle degli ambienti: in poche parole ben scelte, ci si fa un'immagine mentale chiarissima e anche un filo poetica, e credo che questo sia prova di grandi capacità narrative. Altra cosa, i dialoghi: veloci, privi di inutili voli pindarici, ma non per questo poco informativi.

L'incipit è bellissimo, a mio parere, e forse

Shakespeare Scriveva per Soldi, di Nick Hornby




 "Uno che non devia mai da un elenco prestabilito di libri è già intellettualmente morto"


Questa raccolta è il seguito di "Una vita da lettore" (di cui ho parlato in QUESTO post, quasi esattamente tre anni fa), e contiene gli articoli di Hornby per la rivista Believers tra agosto 2006 (l'altro libro si concludeva con il pezzo di giugno 2006) e settembre 2008.

Come mi era accaduto già con la precedente raccolta, sono rimasta affascinata dalle recensioni di Hornby e mi sono segnata diversi titoli da cercare e aggiungere alle mie liste di letture per i prossimi mesi (anni? Ho già una lista pressocché infinita...), tra i quali "Cronache

Una cosa divertente che non farò mai più, di David Foster Wallace





"Ho visto spiagge di zucchero e un'acqua di un blu limpidissimo. Ho visto in completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l'olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato "Mister" in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l'Electric Slide."


Ho scoperto con questo libro uno scrittore geniale, sagace, divertente ma capace di osservazioni pungenti.
Un libriccino come questo, una esilarante storiella di un viaggio in crociera, riesce ad essere una critica acuta e diretta alla società odierna, al lusso sfacciato, allo spreco, allo sfruttamento, ma soprattutto alla stupidità e pochezza umana.

Subito dopo aver finito il libro, sono andata a cercarmi informazioni su David Foster Wallace in rete, e ho così appreso che purtroppo è morto suicida, pare a causa

Una Banda di Idioti, di John Kennedy Toole




"(...) mi accompagno soltanto con miei pari o nessun altro,
e siccome non ho pari, sono sempre solo."


"Quando viene al mondo un genio autentico, lo si può riconoscere dal fatto che gli idioti sono tutti coalizzati contro di lui." Nelle parole di Jonathan Swift troviamo la base del romanzo.
Avete presente quelle storie in cui c'è un eroe, di solito bello o comunque piacevole, dai nobili valori e forti aspirazioni - che siano una carriera, l'amore di una donna, l'affermazione - che, sostenuto da qualche fedele amico e dal lettore appassionato, avanza faticosamente attraverso varie vicissitudini per poi trionfare alla fine, moralmente più ricco e interiormente cresciuto?
Ecco, scordatevelo: nel libro di John Kennedy Toole non succede niente di tutto questo.

Ignatius J. Reilly è un personaggio odioso

A Meno Che, di Carol Shields






 Da oggi in poi la vita le sembrerà ogni giorno meno somigliante alla vita.


Non conoscevo Carol Shields, ho scoperto solo dopo aver terminato il romanzo che ha vinto il premio Pulitzer con In cerca di Daisy, che sicuramente leggerò. Né sapevo che A meno che è stato l'ultimo romanzo che ha scritto prima di morire, all'età di 68 anni, per cancro al seno. Mi sono chiesta se una malattia così terribile e squisitamente femminile le abbia ispirato le riflessioni che hanno portato al concepimento di questo romanzo, una storia che parla di donne, della condizione delle donne e di donne che scrivono. Soprattutto di donne che scrivono. E' come se, giunta ormai alla fine del suo viaggio, la Shields abbia voluto togliersi un fastidioso sassolino dalla scarpa, raccontando al mondo quanto sia seccante essere considerata prima di tutto una donna, inteso in senso penalizzante, e poi una scrittrice. Esprime questa lamentela attraverso le lettere (immaginarie) che la sua protagonista, Reta, scrive ad una serie di personaggi "del settore" che parlano di autori influenti, e chissà come mai sembrano dimenticarsi sempre che esistono anche importanti autrici donne nella storia della letteratura.
Un comportamento del genere potrebbe suscitare commenti tipo "eh, ma che puntigliosa" (per usare termini gentili), ma Reta ha un motivo importante per cui si trova a fare queste considerazioni: sua figlia maggiore, 19 anni, un brillante futuro davanti, un ragazzo con cui stavano iniziando a costruire una vita, bella e intelligente, di punto in bianco molla tutto e preferisce trascorrere le sue giornate seduta su un marciapiede, mendicando, comunicando con il mondo solo attraverso un cartello bianco che tiene appeso al collo, un cartello su cui è scritta un'unica parola, Bontà.
Come reagire ad un simile evento? Come interpretarlo? Che cosa l'ha scatenato?
Reta e la sua famiglia, spiazzati, incapaci di comprendere, si attaccano

Il Laureato, di Charles Webb





 "Tutte le cose che ho fatto non sono niente. Tutte le onorificenze. Le cose che ho imparato. 
Tutt'a un tratto mi sembra che nessuna di esse abbia per me il minimo valore."


Non ho mai visto il film (ma rimedierò al più presto), e ne sono felice perché so che è un cult, avendolo visto prima di leggere il libro mi sarei di certo accostata al romanzo con determinate aspettative e conoscendo già lo svolgersi degli avvenimenti. Avrei quindi potuto pensare che il romanzo non mi piacesse a causa di queste premesse. Invece di aspettative non ne avevo (se non qualcosa di vago, del tipo "se il film è così famoso, probabilmente il libro sarà buono"), ed ero assolutamente vergine riguardo la storia (ok, tutti sanno la trama in generale - una storia tra un giovane laureato e una donna più grande e sposata, la famigerata signora Robinson - e ovviamente anch'io ne avevo un'idea, ma tanto questa "tresca" si rivela essere, con mia grande sorpresa, solo una minima parte del romanzo, diciamo solo il calcio d'inizio per gli avvenimenti successivi).

Ho odiato questo romanzo. Davvero. Sono pochi i romanzi che arrivo ad

Fiori per Algernon, di Daniel Keyes



 Più diventerai intelligente e più problemi avrai, Charlie


Ho aspettato troppo per scrivere il commento a questo libro, e come sempre mi succede se non sono fresca di lettura, è andata a finire che mi sono dimenticata le considerazioni che volevo fare.
Mi limiterò ad un paio di pensieri al volo.

Intanto, devo segnalare che ho nutrito un sentimento di amore/odio nei confronti del protagonista, Charlie. Come accade ai personaggi del libro, anch'io l'ho amato di più nella sua versione non intelligente, perché è dolce, dotato di grande bontà, umiltà, gentilezza e fiducia verso il prossimo. Inoltre, la sua spinta a migliorarsi, ad imparare, è commovente.
Il Charlie genio invece è antipatico, pomposo, freddo. Certo, se ne può dedurre facilmente che l'intelligenza da sola non fa di te una persona

Me Parlare Bello un Giorno, di David Sedaris


Odio i computer per tanti motivi, ma più di ogni altra cosa li disprezzo per quello che hanno fatto alla mia amica macchina da scrivere.


È il secondo libro che leggo di Sedaris (il primo è stato "Mi raccomando, tutti vestiti bene", molto tempo fa), ed è stato piacevole ritrovare la sua strampalata famiglia.

Sedaris, per chi non lo conosce, fondamentalmente narra episodi di vita vissuta, né più né meno. Ma non lo fa con pretese intellettuali o con aspirazioni di alta letteratura. Piuttosto, la sua narrazione è leggera e divertente, fortemente autoironica e assolutamente deliziosa. Per più di metà del libro mi sono ritrovata a ridere da sola a letto, sgomitando il mio moroso nel tentativo di

Paura e Disgusto a Las Vegas di Hunter S. Thompson



In una società chiusa nella quale tuti sono colpevoli, l'unico vero crimine è farsi prendere.
In un mondo di ladri, l'unico peccato mortale è la stupidità.


Due sono i pensieri che mi sono subito balzati in testa alla fine di questo libro incredibile: uno, che avrei voluto conoscere Thompson e sballarmi un po' con lui; due, che mi dispiace parecchio di non aver vissuto la beat generation.
Questo libro è la cronaca di un viaggio a Las Vegas fatto nel 1971 da Hunter S. Thompson e dal suo avvocato, a bordo di una Chevrolet rossa prima, e di una Cadillac bianca poi, zeppi di ogni genere di sostanza stupefacente, con la scusa di scrivere due articoli (uno sulla Mint 400, l'altro sulla conferenza dei procuratori) ma soprattutto con il dichiarato intento di trovare il sogno americano.
Thompson, inventore del Gonzo Journalism, non è interessato a raccontarci come si svolgono i fatti passo passo, o meglio non solo: ci trascina dentro la sua mente, ci fa vivere gli eventi attraverso le sue percezioni distorte dalle droghe, ci rende partecipi.
Il libro è delirante

Il mio Mondo è qui, di Dorothy Parker




"Non c'è salvezza per i cuori teneri"



Ero molto curiosa di leggere qualcosa della Parker. Mi sono avvicinata a questa autrice, lo confesso, grazie ad una serie tv, Gilmore Girls. Gli autori di questa serie hanno fondato la casa di produzione "Dorothy Parker Drank Here" proprio per produrre questo telefilm, che si caratterizza per i dialoghi carichi di ironia, gli innumerevoli riferimenti culturali (sono citati più di 350 libri durante le 7 stagioni, dozzine di gruppi musicali e non so quanti film), e per le protagoniste, due figure femminili intelligenti, indipendenti, interessate al pensiero femminista, decise ad ottenere ciò che vogliono nella vita.
Mi sono chiesta allora chi fosse questa speciale donna, Dorothy Parker, tanto amata dagli autori da dedicarle addirittura la casa di produzione (inoltre, l'autrice è inclusa nella sfida "I libri di Rory", di cui parlo

Gioco Crudele di John Saul




Raccapricciante, con un finale aperto e completamente privo di happy ending. 
Avevo già letto I Misteri di Blackstone anni fa, e mi era piaciuto molto, perciò dato che ero in cerca di una qualche storia horror (le calde notti estive mi fanno venire voglia di un po' di brividi) ho deciso di leggere qualcos'altro di Saul. 

Gioco Crudele mi ha angosciata, disgustata, e in generale tenuta incollata alle pagine, il che sicuramente è un gran punto a suo favore. Le mia perplessità maggiori riguardano la traduzione, che in certi momenti pare essere stata fatta con i piedi, e, in alcune parti, la verosimiglianza. Trovo infatti duro accettare che un padre possa picchiare quasi a morte la figlia e quasi stuprarla, e poi vabbè, la figlia diventa quasi catatonica (e ci sta), mentre il padre continua la sua vita nella comunità e in famiglia (e tutti sanno cos'è accaduto) senza problemi di sorta, così come trovo difficile che la moglie continui ad amarlo e cercarlo (e la moglie è normale, non uno di quei casi patologici di vittime). Così come trovo difficile accettare la reazione dei vari genitori dopo che i loro figli sono scomparsi. Cioè, una che ha già perduto il marito in un incidente, quando scompare la figlia non va tranquillamente a lavorare, dai... E mi perplime il fatto che, dopo che si sono accorti che Sarah sgattaiola fuori di nascosto, nessuno si preoccupi di fare una maggiore guardia. E poi: cos'è successo veramente alla prima bambina scomparsa e poi riapparsa? La faccenda rimane un mistero, e in un romanzo faccende come queste non dovrebbero rimanere un mistero... 
Comunque, piacevole lettura senza pretese per stomaci non troppo sensibili. 

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Joyland di Stephen King




Carino, veloce, molto estivo. Quando ho letto che l'ambientazione era in un parco dei divertimenti, avevo sperato in qualcosa di più horror, invece è un romanzo molto soft, quasi nostalgico, più incentrato sui sentimenti che sul l'azione vera e propria. Mi è piaciuta molto la "parlata", anche se sicuramente risentirà della traduzione (come altre battute di cui, in italiano, viene perso completamente il senso...), e sarebbe interessante leggerla in originale.
Ho letto tutto quello che ha scritto King, sono sua grandissima fan da ormai più di 20 anni (23, per l'esattezza), e non posso dire che sia uno dei suoi libri migliori, non ci va nemmeno vicino, ma di sicuro è uno di quelli più "freschi". 

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La Valle delle Bambole, di Jaqueline Susann


"Se devi fare qualcosa, falla al cento per cento. Mai fare le cose a mezzo."


Mentre mi approssimavo alla fine del libro, ho iniziato a pensare a come l'avrei recensito. Perchè mi sono resa conto, quando ormai mi mancavano circa un centinaio di pagine alla conclusione, che questa storia non mi stava lasciando praticamente nulla se non qualche fredda considerazione su cosa si nasconde dietro il mondo patinato della celebrità. 

Durante la lettura, mi sono sopresa a guardare le attrici per tv e domandarmi

I Sublimi Segreti delle Ya-Ya Sisters, di Rebecca Wells




 "Se Dio si nasconde nei dettagli, forse anche noi facciamo altrettanto."



Su Anobii (QUI la mia libreria) ho dato 4 stelle al libro della Wells, ma non con troppa convinzione. Diciamo che ho dato 4 stelle alla storia, non al libro.
Le Ya-Ya, e Vivi Abbott in particolare, sono la parte bella del libro, i ricordi del passato. Il presente, Sidda e i suoi rimuginamenti invece sono la parte lagnosa del romanzo, la parte eccessivamente lunga, melensa, pesante, piena di descrizioni sentimentali del paesaggio, invocazioni alla Madonna, pensieri che dovrebbero essere poetici ma sono solo noiosi. Fosse dipeso da me, avrei asciugato questo romanzo di un centinaio di pagine, ma può essere che il mio giudizio sia stato condizionato negativamente dal mio stato di salute

31 Canzoni, di Nick Hornby




"Un paio di volte all'anno mi faccio una cassetta da mettere in macchina, un nastro pieno di tutte le nuove canzoni che ho amato nel corso degli ultimi mesi. Ogni volta che ne completo una mi pare impossibile che potrà essercene un'altra. Ma c'è sempre, e non vedo l'ora che arrivi: basterebbe qualche altro centinaio di cose come questa per rendere la vita degna di essere vissuta."

Se Hornby scrivesse un libro in cui mi racconta le sue ricette preferite, o i suoi giochi di società preferiti, o i suoi mezzi di locomozione preferiti, probabilmente lo comprerei, lo leggerei tutto d'un fiato e mi piacerebbe pure. Il suo modo di scrivere ironico, divertente, coinvolgente, mi conquista sempre tanto da farmi venire voglia di citare tre quarti del libro e di andare in giro sventolandolo come una forsennata sotto il naso dei miei amici per far loro leggere certi passaggi particolarmente arguti o spassosi. In pratica, Hornby ha la capacità di farmi venire una cotta per lui ogni

Ritorno a Peyton Place, di Grace Metalious




"Da bambina, pensavate di non essere bella. Eravate quella strana, che non si adattava a nessun gruppo e detestava tutti quelli che vi si adattavano e, senza neanche rendervene conto, avete incominciato a pensare, più o meno, lo farò vedere io a tutti, e così è stato."


Il seguito de I peccati di Peyton Place (di cui parlo in questo post) è estremamente diverso dal best seller che ha reso celebre Grace Metalious nel mondo (dopo averlo scandalizzato). È diverso sia il modo di scrivere, che il linguaggio, che il tipo di storia.
Se il primo romanzo raccontava la vita, pubblica e privata, di diversi abitanti di una piccola città, qui la Metalious si concentra su Allison MacKenzie, che verosimilmente è il suo alter ego letterario. Allison scrive un romanzo, dal titolo

I Peccati di Peyton Place di Grace Metalious



"Se ogni uomo (...) smettesse di accusare e di odiare gli altri per i propri fallimenti e per i propri errori, al mondo non esisterebbe più il male, dalla guerra alla maldicenza."


Non so cosa mi aspettassi esattamente prima di cominciare a leggere questo libro, ma di certo non pensavo di esserne letteralmente rapita fin dai primi capitoli. Da una casalinga americana nata nel 1924, non mi aspettavo di certo un tale vivido linguaggio, e descrizioni così moderne. E a quanto pare non se lo aspettavano nemmeno i suoi contemporanei, incuriositi e scandalizzati dalle scene di sesso e dai peccati di provincia così chiaramente raccontati nel romanzo della Metalious.
Il libro fece scandalo, e diventò in breve il primo vero best-seller internazionale. Mi posso facilmente immaginare le signore che lo condannavano pubblicamente ma poi lo leggevano di nascosto,

La Fonte Meravigliosa di Ayn Rand




"Io sono qui per dire che non riconosco il diritto di nessuna persona su un singolo minuto della mia vita, né su una sola particella della mia energia."


Non posso dire che il libro della Rand mi abbia lasciata indifferente. Al contrario, sebbene non condivida la sua visione politico/social/filosofica (documentandomi durante la lettura, ho scoperto che Ayn Rand è la fondatrice sell'Oggettivismo, una corrente filosofica che plaude l'individualismo e condanna il socialismo. Diciamo che si tratta di un ramo un po' "di nicchia", perché non è quasi per niente conosciuta da noi, e vabbè, ma anche in patria - acquisita, dato che la scrittrice è russa di origine, e si è trasferita negli USA da ragazzina - è molto poco studiata. Tuttavia, La Fonte Meravigliosa ha avuto un grande successo ed è considerato tra i più importanti classici moderni della letteratura americana), e sebbene non mi interessi praticamente per niente di architettura, la storia mi ha comunque coinvolta e mi sono ritrovata a scorrere abbastanza velocemente le quasi 700 pagine del romanzo liberamente ispirato alla vita di Frank Lloyd Wright, celebre architetto che tra i massimi esponenti dell'architettura cosiddetta "organica", e che tutti conoscono per aver progettato il Guggenheim

Noi Siamo Infinito



"In questo momento, siamo vivi. E, ve lo giuro, in questo momento noi siamo infinito" 

Dopo aver finito ieri il romanzo (e averlo amato moltissimo. QUI il post in proposito), ero curiosa di vedere il film, ma al contempo anche molto dubbiosa, perchè insomma non si sa mai come viene reso un libro, soprattutto un romanzo epistolare abbastanza particolare come questo.

Ma poi tra i titoli di testa ho visto che Stephen Chbosky, l'autore del romanzo, è anche sceneggiatore, regista e produttore del film, per cui mi sono messa tranquilla a godermelo.

Certo ci sono delle differenze rispetto al libro (intanto, che la compilation Charlie la registra per Patrick nel romanzo, non per Sam. Inoltre, viene dato molto spazio alla musica, ma quasi nulla ai romanzi, che invece sono importanti nel libro), molte semplificazioni, e anche appena appena una concentrazione maggiore sull'aspetto romantico della vicenda. Tutto questo, ovviamente, lo si può notare solo se appunto si vede il film quando il libro è ancora fresco in mente, perchè altrimenti la sensazione generale è che il film è abbastanza fedele, e rende piuttosto bene la storia di Charlie e dei suoi amici.

Devo dire che i tre protagonisti mi sono piaciuti molto, e sono contenta di vedere che Emily Watson

Ragazzo da Parete, di Stephen Chbosky




"Tu sei strano, lo sai? Lo sei sempre stato. Lo dicono tutti, fin da quando eri piccolo."
"Sto cercando di non esserlo."
 

Bello, bello, bello.

L'idea originale era di farmi almeno un giorno di stacco, dopo aver finito David Copperfield, prima di mettermi a leggere un altro romanzo, che avevo già deciso essere il libro di Chbosky, perché la trama mi incuriosiva molto (e anche il titolo, sebbene in italiano non renda: perchè almeno non l'hanno intitolato Ragazzo Tappezzeria?).
Volevo quindi prendermi una pausa tra un libro e l'altro, ma poi ieri mattina avevo il Kindle in mano, e ho deciso di leggere le prime righe per farmi un'idea. È andata a finire che l'ho divorato, e adesso che l'ho finito mi dispiace, perché Charlie, il protagonista di questo romanzo epistolare, mi mancherà.
Charlie mi è risultato immediatamente simpatico per due motivi: l'età e i gusti letterari.

David Copperfield, di Charles Dickens



 "Diranno queste pagine se nella mia vita sarò io il protagonista, 
o se tale posto d'onore debba toccare ad altri"


La prima considerazione che posso fare, dopo aver detto addio ai meravigliosi personaggi di questa bellissima storia, è che è un peccato che non abbia letto David Copperfield quando ero ancora in età scolare, a 13-14 anni. Mi avrebbe appassionata tantissimo, credo anche più di quanto non abbia fatto leggendolo ora, con più di 20 anni di ritardo, e di sicuro mi sarei accostata alle avventure del giovane Copperfield nel modo più corretto, dato che è chiaramente un romanzo per ragazzi, nonostante le sue 800 e passa pagine fitte fitte.

La narrazione è semplicemente deliziosa, Dickens non amava i paroloni e il linguaggio che dice tanto senza però dire nulla. Preferisce, per così dire, la sostanza, e questo rende il suo modo di scrivere estremamente piacevole e moderno: 
"Si discorre intorno alla tirannia delle parole, ma ci piace anche farla da tiranni nei loro confronti; troviamo infatti molto gradevole possedere una grande riserva di parole superflue a cui attingere nelle varie occasioni; pensiamo sia importante e produca piacere all'orecchio. E come non ci interessa di approfondire il significato delle nostre pompe nelle occasioni solenni, purché siano abbastanza belle e abbondanti, diamo  un'importanza secondaria al significato o all'utilità delle parole di cui ci serviamo, purché formino grandiosi cortei. E come i singoli incorrono nei guai facendo eccessivo sfogo delle ricchezze, o come gli schiavi troppo numerosi possono finire per ribellarsi ai loro padroni, così credo che potrei fare il nome di un paese che si è trovato molte volte in difficoltà, e incorrerà in altre difficoltà ancor più numerose per voler mantenere un patrimonio eccessivamente vasto di parole."

La prima parte, quella intrisa di forte sofferenza, rapisce il lettore per trascinarlo nel lato oscuro della storia inglese (ma non sono poi forse temi sempre attuali?): il patrigno spregevole e

Ce l'hai il paracadute?, di Richard Nelson Bolles




"E' bene dire che tu, come ogni altra persona impegnata in un'attività professionale, puoi sbocciare e fiorire svolgendo un determinato lavoro o, al contrario, appassire facendone un altro."


Premetto che l'edizione che ho acquistato di questo libro è molto vecchia (del 1992), e confesso di averla preferita ad una più recente (2008) unicamente per una questione di costo (4 euro per l'edizione vecchia, dai 15 ai 23 euro -a seconda della fonte di acquisto- per quella nuova), dato che non vedevo l'utilità di spendere così tanti soldi in più per avere poi un'edizione contenente comunque dati non più validi, visto che la crisi lavorativa che imperversa nel nostro Paese negli ultimi anni ha resto obsoleto qualsiasi dato che non sia relativo al massimo all'ultimo anno.
Ovviamente, questa edizione presenta parecchi limiti, soprattutto

La Campana di Vetro, di Sylvia Plath




"Per la persona che è sotto la campana di vetro, vuota, e che è bloccata là dentro come un bimbo morto, il mondo è in sé un brutto sogno."


Meraviglioso e terribile, angosciante e poetico. 

Sapere poi che la storia è in larga parte autobiografica e che la Plath si suicidò un mese dopo la pubblicazione del suo unico, splendido, romanzo, dona alla lettura tutta un'altra profondità, e alla fine, sarà forse perché il periodo in cui ho letto questo romanzo è forse il più azzeccato per farmelo "sentire" davvero, ho lasciato Esther controvoglia, come se abbandonassi un'amica al suo infelice destino di donna con una mente così acuta e anticonformista da non riuscire a trovare il suo posto del mondo. O meglio, da non poter accettare il posto che il mondo le ha riservato. 

Ho amato

Uomini e Topi, di John Steinbeck




 "Noi invece è diverso! E perché? Perché... perché ci sei tu che pensi a me e ci sono io che penso a te, ecco perché."



Sapevo già come andava a finire (impossibile non sapere il finale di un romanzo in cui uno dei protagonisti, Lennie, si chiama come me), eppure sono qui che piango lo stesso, perché la storia mi ha travolto.
La storia è intrisa di tristezza fin dalle prime pagine, lo sconforto, il senso di sconfitta del periodo successivo alla Grande Depressione, lo scoramento di chi non ha futuro, non ha un posto dove vivere, non ha null'altro che se stesso. Per i braccianti, che si muovono di ranch in ranch in cerca di un tetto sopra la testa, un pasto caldo e una paga a giornata, non ci sono prospettive, non c'è niente che li renda diversi da un bue o da un carro: sono intercambiabili, utili solo finchè possono lavorare, e nessuno pensa a loro. Ma per George e Lennie non è così, perchè "Per noi è diverso. Noi abbiamo

Fiesta, di Ernest Hemingway




"La fiesta era proprio cominciata. Sarebbe durata, giorno e notte, per una settimana. Sarebbero continuate le danze, sarebbe continuato il bere, non sarebbe cessato il rumore. Le cose che accaddero potevano accadere solo durante una fiesta. Alla fine tutto divenne irreale e sembrava che niente potesse avere conseguenze. Sembrava fuori luogo pensare alle conseguenze durante la fiesta. Per tutta la sua durata, avevi la sensazione, anche nei momenti di silenzio, di dover sempre urlare per farti udire. Era la stessa sensazione che provi durante un combattimento. Era una fiesta, e durò sette giorni."



Per anni sono sempre stata affascinata dall'idea di Hemingway, un concetto tutto mio difficile da spiegare. Titoli come Il vecchio e il mare e Per chi suona la campana mi hanno sempre incusso una specie di timore reverenziale (un po' come il Moby Dick di Melville, l'Ulysse di Joyce e Grandi Speranze di Dickens). Sono quei libri di cui ho sempre sentito parlare in toni ammirati, ma che poi per un qualche motivo avevo paura di affrontare, paura di non riuscire a capirli od apprezzarli, paura di ritrovarmi a pensare che dei capisaldi della letteratura sono in realtà dei mattoni indigeribili o delle montagne insormontabili, troppo dure da scalare.
Ma ultimamente ho preso la decisione di cercare di recuperare tutti quei grandi classici moderni, tutti quegli autori che per pura pigrizia (o, appunto, per un qualche ingiustificato timore) ho finora lasciato in un limbo, in attesa della giusta ispirazione che, a quanto pare, finalmente è arrivata (ringraziamo il cielo). Per dirla con Hornby, "a mano a mano che invecchio, sento sempre di più il peso della mia ignoranza".

L'Ereditiera, di Henry James




"...L'aveva raggiunta e si era accostato a lei come se avesse qualche cosa da dirle. Negli occhi aveva ancora il bagliore del tramonto che aveva fissato. Improvvisamente, a voce sommessa, le aveva rivolto una inaspettata domanda:
"Hai rinunciato a lui?""

Avendo appena finito Il Grande Gatsby, volevo buttarmi a leggere qualcosa di Henry James, dato che Fitzgerald lo amava molto.
In realtà, avevo intenzione di leggere Giro di Vite o un'altra delle sue storie di fantasmi, ma poi sabato ero alla libreria dell'usato e mi è capitato in mano questo L'Ereditiera, ancora incelofanato, con sopra un adesivo recante la scritta "Residuo di magazzino - nessuno mi ha voluto leggere" e non ho resistito, ho dovuto comprarlo e leggerlo subito.
Ora, devo ammettere che la trama non mi attraeva granché. Il titolo (ovviamente la colpa è della traduzione italiana, dato che il romanzo originale si chiama Washington Square), sommato alla immagine in copertina dell'edizione de l'Accademia narratori del mondo mi faceva temere una storia stucchevole con la solita eroina bella, ricca e innamorata, che non può essere felice a causa del padre padrone.

I libri di Rory Gilmore


In questo periodo sto riguardando (aggiungerei: per l'ennesima volta) tutte le stagioni di Una mamma per amica (Gilmore Girls). Lo stanno dando su Sky (ormai sono alla fine della sesta stagione) e, anche se ho tutti i dvd originali, non resisto dal seguire sempre con la stessa passione le avventure delle ragazze Gilmore.
La bellezza della serie è dovuta, oltre alla splendida ambientazione (in un'altra vita, spero di nascere a Stars Hollow), ai dialoghi frizzanti e alle tonnellate di riferimenti culturali che li caratterizzano.
Rory Gilmore, si sa, è una lettrice famelica, e ogni volta che metto un libro in borsa (cioè sempre quando esco, e ringrazio al Kindle per avermi semplificato le cose) penso sempre a Rory che si porta sempre un libro ovunque vada (anche se per la serata romantica dell'anniversario dei tre mesi con Dean si mette in borsa il New Yorker - che è comunque una rivista letteraria), e ogni volta che mangio da qualche parte da sola con il mio bel libro (o Kindle) in mano, ho chiara in mente l'immagine di lei in mensa con le cuffie nelle orecchie e un libro davanti al naso.

(sono stata a tanto così dal comprare questo libro, che mi è capitato in mano alla libreria dell'usato sabato... ma ne avevo già comprati altri 5 e sono un po' a corto di soldi... ma è stata dura rimetterlo giù)
Avendo letto da poco Nick Hornby (a proposito del New Yorker), e con in più lo stimolo della serie TV, ho deciso di lanciarmi nell'impresa di recuperare molti classici moderni che per pigrizia (o per altre distrazioni letterarie) non ho mai letto.

Insomma, ho deciso di seguire i consigli di lettura di Rory Gilmore. Gironzolando per la rete alla ricerca di un elenco di "libri di Rory", ho scoperto che non sono (ovviamente) l'unica pazza ad aver espresso questo tipo di desiderio, e ci sono un sacco di bloggers di tutto il mondo che si sono cimentati nell'impresa.
Oggi ho scoperto anche un gruppo su aNobii, a cui ho immediatamente aderito, che si chiama proprio I Libri di Rory. La lista dei libri reperibili in italiano si trova QUI

Questi sono quelli della lista che finora ho letto:

1) 1984 di George Orwell
2) Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll
3) Il diario di Anna Frank di Anna Frank
4) Carrie di Stephen King
5) Il giovane Holden di J. D. Salinger
6) Christine. La macchina infernale di Stephen King
7) Canto di Natale di Charles Dickens
8) Cujo di Stephen King
9) Il codice Da Vinci di Dan Brown
10) Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer
11) Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
12) La compagnia dell’anello di J. R. R. Tolkien
13) Le cinque persone che incontri in cielo di Mitch Albom
14) Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald
15) Harry Potter e il calice di fuoco di J. K. Rowling
16) Harry Potter e la pietra filosofale di J. K. Rowling
17) Alta fedeltà di Nick Hornby
18) La piccola fiammiferaia di Hans Christian Andersen
19) Piccole donne di Louisa May Alcott
20) Il signore delle mosche di William Golding
21) Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare
22) La metamorfosi di Franz Kafka
23) Taccuino di un vecchio sporcaccione di Charles Bukowski
24) Sulla strada di Jack Kerouac
25) Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde
26) Pinocchio di Carlo Collodi
27) Una vita da lettore di Nick Hornby
28) Il corvo di Edgar Allan Poe
29) Il ritorno del re di J. R. R. Tolkien
30) Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank (racconto contenuto in Stagioni diverse) di Stephen King
31) Rosemary’s Baby di Ira Levin
32) Shining di Stephen King
33) Siddhartha di Hermann Hesse
34) Biancaneve e i sette nani di F.lli Grimm
35) Il meraviglioso mago di OZ di Frank L. Baum

Non ho inserito tutti quelli di cui ho letto brani sparsi a scuola (tipo Dante, Shakespeare, etc - "Le allegri comari di Windsor" fa eccezione, perchè l'ho dovuto comprare e leggere come punizione perchè non ero stata attenta in classe durante la proiezione della commedia), o quelli che ho letto talmente tanto tempo fa da non ricordarmi quasi nemmeno di cosa parlano (tipo il Candido o Madame Bovary), lasciando quindi solo quelli che ho letto consapevolmente e per scelta, di cui conservo un qualche ricordo.

La sfida non ha una data di scadenza, è una cosa che si fa per se stessi, per cui di certo non leggerò solo libri della lista e non cercherò di leggerli il più in fretta possibile. Ma quando leggerò un libro della lista, contrassegnerò il post con il tag "I libri di Rory", e aggiornerò la lista in questo post.
 
Aggiornamenti dopo aver finito il post:
36) Fiesta di Ernest Hemingway (finito il 14/02/2013)
37) Uomini e Topi di John Steinbeck (finito il 15/02/2013)
38) La Campana di Vetro di Sylvia Plath (finito il 19/02/2013)
39) Il Buio oltre la Siepe di Harper Lee (finito il 20/02/2013)
40) Ce l'hai il paracadute? Guida pratica per chi cerca o vuole cambiare lavoro (finito il 26/02/2013)
41) David Copperfield di Charles Dickens (finito il 8/03/2013)
42) Ragazzo da Parete di Stephen Chbosky (finito il 11/03/2013)
43) La Fonte Meravigliosa di Ayn Rand (finito il 26/03/2013) 
44) I Peccati di Peyton Place di Grace Metalious (finito il 01/04/2013) 
45) 31 Canzoni di Nick Hornby (finito il 07/04/2013)
46) I Sublimi Segreti delle Ya-Ya Sisters  di Rebecca Wells (finito il 14/04/2013) 
47) La Valle delle Bambole di Jacqueline Susann (finito il 24/04/2013) 
48) Urlo & Kaddish di Allen Ginsberg (finito il 24/04/2013)
49) Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee (finito il 26/04/2013) 
50) Morte di un Commesso Viaggiatore di Arthur Miller (finito il 01/05/2013)
51) I miei Martedì col Professore di Mitch Albom (finito il 02/05/2013) 
52) Paura e Disgusto a Las Vegas di Hunter S. Thompson (finito il 05/08/2013) 
53) Il mio Mondo è qui di Dorothy Parker (finito il 05/08/2013)
54) Me Parlare Bello un Giorno di David Sedaris (finito il 15/08/2013) 
55) Fiori per Algernon di Daniel Keyes (finito il 22/08/2013)
56) Il Laureato di Charles Webb (finito il 03/09/2013)
57) A Meno Che di Carol Shields (finito il 11/09/2013) 
58) Una Banda di Idioti di John Kennedy Toole (finito il 06/11/2013)



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Il Grande Gatsby (il film del '74)



 "Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può"

Avendo finito oggi di leggere il romanzo, mi sembrava una buona idea guardarmi anche il film (anzi, uno dei film, dato che quello del 1974 sceneggiato da Francis Ford Coppola e diretto da Jack Clayton è la terza versione cinematografica della storia di Francis Scott Fitzgerald).


Il film è bello, non c'è che dire: sfarzoso, bei costumi, belle scenografie... ma mi ha lasciato un'impressione povera, come se fosse vuoto, senz'anima... di certo è quasi completamente privo della profonda ironia di cui è pervaso il romanzo, e anche della narrazione divertente ma al contempo piena di riflessioni su un mondo decadente e finto, ed è lento e a tratti noioso, cosa che invece il libro

Il Grande Gatsby, di Francis Scott Fitzgerald



 Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato

Sono arrivata a questo libro dopo aver letto Revolutionary Road di Yates, perchè Yates era fortemente influenzato dallo stile di Fitzgerald, e considerava Il Grande Gatsby un vero e proprio capolavoro di scrittura. Non era certamente la prima volta che ne sentivo parlare in toni entusiastici, ma a questo punto mi sembrava necessario rimediare alla mia enorme mancanza (mai letto nulla di Fitzgerald, ma dopo aver letto questo romanzo direi che rimedierò in fretta leggendo tutti i suoi scritti principali al più presto).

Il romanzo non lo si legge semplicemente: lo si divora.
"Un uomo con un lungo spolverino era sceso dalla macchina accidentata e adesso se ne stava in mezzo alla strada, guardando dalla macchina alla gomma e dalla gomma ai curiosi con aria divertita e perplessa.
"Guardate!", spiegò. "Sono finito nel fosso".
(...)
"Com'è successo?"
Lui scrollò le spalle.
"Non capisco niente di motori", disse con decisione.
"Ma come è successo? Ha sbattuto contro il muro?"
"Non chiedetemelo" (...) "Non guido bene - anzi, male. E' successo e non so altro".
"Be', se guida male non dovrebbe guidare di notte".
"Ma non ci ho neanche provato", spiegò indignato, "non ci stavo neanche provando".
Un silenzio intimidito calò sugli astanti.
"Vuole uccidersi?"
"E' stata una fortuna che sia saltata solo una ruota. Guidare male e non provarci neanche".
"Non capite", spiegò il criminale. "Non stavo guidando. C'è un altro uomo in macchina".
Lo shock che seguì questa dichiarazione trovò voce in un sostenuto "Ah-h-h!" quando la portiera della coupé si aprì lentamente. La folla - adesso era una folla - fece un passo indietro involontariamente, e quando la portiera fu spalancata ci fu una pausa spettrale. Poi, piano piano, poco a poco, un individuo pallido e ciondolante uscì dal rottame, tastando con prudenza il terreno con una grande scarpa che ballonzolava incerta.
Accecata dalle torce e confusa dall'incessante suono di clacson, l'apparizione restò in piedi barcollando prima di scorgere l'uomo con lo spolverino.
"Che succede?", chiese calmo. "Abbiamo finito la benzina?"
"Guardi!".
Una mezza dozzina di dita indicarono la ruota amputata - lui la fissò per un momento e poi guardò in alto come se sospettasse che fosse piovuta dal cielo.
"E' venuta via", gli spiegò qualcuno.
Lui annuì.
"Non mi sono accorto subito che ci eravamo fermati".
Una pausa. Poi, prendendo un lungo respiro e raddrizzando le spalle, osservò con voce decisa:
"Sapete dove si trova una stazione di servizio?"
Almeno una dozzina di uomini, alcuni dei quali in condizioni appena migliori delle sue, gli spiegò che la ruota e la macchina non erano più attaccate.
"Tiratela indietro", suggerì dopo un momento. "Mettetela in retromarcia".
"Ma non c'è più la ruota!".
Lui esitò.
"Tentare non nuoce", disse."

Francis Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby



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Addio all'Estate, di Ray Bradbury



"Ci pensi mai, alla Terra che gira a quarantacinquemila chilometri al secondo o giù di lì? Potrebbe scaraventarti nel vuoto, se chiudessi gli occhi e dimenticassi di reggerti."

 Da vera tonta, ho scoperto che "Addio all'Estate" è il seguito (o la conclusione) di "L'estate incantata", che ovviamente non ho mai letto -anzi, non ancora- solo alla fine del romanzo, leggendo la postilla di Bradbury che ne spiega la genesi, per cui non posso apprezzarlo nel complesso per com'è stato ideato, ma solo come romanzo a sé stante.

Il tema del romanzo è il senso della vita, la paura di crescere e di invecchiare, di perdere la freschezza della giovinezza e ridursi ad un guscio vuoto e avvizzito.

Revolutionary Road, di Richard Yates



"Il complesso residenziale di Revolutionary Hill non era stato progettato in funzione di una tragedia. Anche di notte, come di proposito, le sue costruzioni non presentavano ombre confuse né sagome spettrali. "


Anni fa ho avuto il piacere di vedere il film con Di Caprio e la Winslet. Anzi, diciamo che causa varie vicissitudini ho potuto vedere solo il secondo tempo, e per quanto mi sia ripromessa di recuperare anche la prima metà, alla fine non è mai capitato (la colpa è del fatto che già sapevo come andava a finire, e non essendo proprio una conclusione allegrissima ho sempre dato la precedenza ad altro). Ma quel poco che ho visto mi è piaciuto molto (Di Caprio, tra l'altro, è uno dei miei attori preferiti e amo praticamente tutti i suoi film - con Buon Compleanno Mr. Grape, ere fa, l'ho classificato come ottimo attore, e non ho mai cambiato idea).
Ma chissà perchè non mi era mai venuto in mente che potesse essere stato tratto da un romanzo, addirittura da uno che è stato giudicato tra i 100 best English language novels del XX secolo dal Time, l'omonimo Revolutionary Road di Richard Yates. Poco tempo fa la mancanza è stata portata alla mia attenzione, e ho rimediato. E ho fatto proprio bene.