La Storia Fantastica (o "La Principessa Sposa"), di William Goldman






 Siamo nel bel mezzo di un'avventura, Fezzik, e la maggior parte della gente vive e muore senza avere la nostra fortuna.


E' difficile per me scrivere qualcosa di sensato e obiettivo su questo libro (pubblicato in Italia con due titoli diversi, uno rispettoso dell'originale The Princess Bride, l'altro preso dal titolo italiano dell'adattamento cinematografico). Il mio problema è che il film tratto da questo romanzo è trai miei preferiti in assoluto, lo riguardo con trepidazione tutti gli anni sotto Natale e per ogni scena, personaggio, battuta il mio cuore si gonfia di gioia e affetto. E quando ami così tanto un film e lo hai visto così tante volte da saperlo letteralmente a memoria, leggere alla fine il romanzo da cui è tratto non sempre si rivela essere un'esperienza soddisfacente al 100% (è il motivo per cui preferisco, se possibile, leggere sempre i libri prima di vederne le trasposizioni cinematografiche), sebbene sia perfettamente consapevole che è merito dell'autore del libro se il film esiste e racconta una storia così bella. 
In questo caso, poi, il merito di Goldman è doppio, perchè oltre a scrivere il romanzo si è occupato anche della sceneggiatura (essendo un grandissimo sceneggiatore con due Oscar all'attivo - oltre a Tutti gli uomini del Presidente, ricordiamo ad esempio che è suo l'adattamento di Misery non deve morire di Stephen King, il cui regista è lo stesso Rob Reiner de, appunto, La Storia Fantastica). Il film, in effetti, rispetta moltissimo il romanzo, tutta la parte relativa alla favola di Westley e compagnia bella è fedele quasi completamente. Il mio problema principale, in realtà, sono

Come Diventare Buoni, di Nick Hornby





È l'atto di leggere in sé che mi manca, la possibilità di ritirarmi sempre più dal mondo fino a che non ho trovato un po' di spazio, un po' d'aria che non sia viziata, che non sia già stata respirata migliaia di volte dalla mia famiglia. Il monolocale di Janet sembrava enorme quando ci abitavo, enorme e tranquillo, ma questo libro è ancora più grande. E quando lo avrò finito ne comincerò un altro, e quello forse sarà ancora più grande, e poi un altro ancora, e allora la mia casa si allargherà fino a diventare una magione, piena di stanze dove loro non potranno trovarmi.




Hornby avrebbe potuto forse fare un lavoro migliore con questo libro, che credo ad un certo punto si perda un po', ma tutto sommato devo dire che mi è piaciuto. Oddio, forse "piaciuto" è una parola che non si accosta poi troppo bene ad un romanzo che parla di vite alla deriva, vuoto interiore, mancanza di speranza e nessun lieto fine ("ma proprio nel momento sbagliato lancio un'occhiata al cielo notturno dietro David, e vedo che là fuori non c'è nulla" direi che è una conclusione che lascia un po' con l'amaro in bocca, oltre che con un senso di incompletezza...). Non mi sono nemmeno affezionata ai personaggi, anzi li trovo tutti piuttosto odiosi, ma forse è proprio questo lo scopo dell'autore, ossia farci scontrare con la cruda realtà di un mondo fatto di vuotezza ed ipocrisia, un mondo in cui è più probabile che i vicini di casa accettino serenamente una vita di eccessi, droghe e sperperi piuttosto che la proposta di fare qualcosa di attivo e costruttivo per i meno fortunati. Un sistema sociale che comprende e invidia i Jordan Belfort, mentre

Il Lupo di Wall Street, di Jordan Belfort



 Non c’è nobiltà nella povertà.



Come staranno facendo in molti in questo periodo (o almeno spero), ho letto questo libro incuriosita (anche se sarebbe meglio dire conquistata) dall'omonimo capolavoro di Scorsese, magistralmente interpretato da un Leonardo DiCaprio in forma smagliante (Leo, per me l'hai vinto tu l'Oscar, non c'è storia). La diretta conseguenza, è stata che non ho potuto fare a meno di immaginarmi, durante la lettura, Leo come Jordan Belfort, Jonah Hill come Danny Porush (anche se nel film gli hanno cambiato nome, e il vero Porush non è così in carne) e via via fino al buon Shane di The Walking Dead, Jon Bernthal, nei panni di Todd Garret (anche lui rinominato in Brad Bodnick nel film).

A tutti quelli che hanno amato il film, raccomando vivamente la lettura di questa autobiografia. Belfort è veramente una persona interessante, e nonostante la sua vita vada letteralmente a scatafascio a causa delle dipendenze da sesso e droga (ma diciamocelo: devi avere un ego mostruoso, una sicurezza nelle tue capacità esorbitante per riuscire a raggiungere tali picchi di successo economico, la droga e il sesso sono alla fine un altro modo di esercitare potere. Un modo forse malato perchè fuori ogni controllo, certo immorale, ma non poi tanto strano), ammirevole nella sua tenacia. Lasciatemi spiegare perché.